Mortadella di pollo ‘-60% grassi’? Risponde l’avvocato Dario Dongo

Gentile avvocato Dongo,

ho partecipato oggi al Suo workshop sulle etichette alimentari all’università LUISS, e vorrei ricevere il Suo parere su questa mortadella di pollo reclamizzata con l’indicazione ‘-60% grassi’.

Molte grazie

(lettera firmata)


Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare

Come abbiamo avuto modo di condividere, la prima tra le informazioni obbligatorie in etichetta è il nome del prodotto (che deve figurare nello stesso campo visivo della quantità netta).

La denominazione dell’alimento è quella legale, ove prevista da apposite norme europee o nazionali, ovvero quella consuetudinaria o ancora, in difetto, quella descrittiva.

La mortadella è una carne lavorata tipica della tradizione italiana, la cui filiera infatti si fregia di ben due IGP riconosciute a livello europeo (nelle lavorazioni tradizionali di Bologna e di Prato, nda).

A tutt’oggi manca tuttavia purtroppo – e inspiegabilmente- una denominazione legale. (1) Nondimeno, la tradizione millenaria è radicata nell’impiego di carni suine, e loro grassi, con aggiunta di sale, aromi e spezie. Oltre ai conservanti necessari a garantire la sua sicurezza.

Il nome consuetudinario può venire dunque utilizzato, nel rispetto dei requisiti di ricetta e di lavorazione che il consumatore medio italiano associa a questa produzione. Viceversa, qualora il prodotto sia realizzato a partire da una materia prima diversa – come in questo caso la carne di pollo, e il suo sottoprodotto separato meccanicamente – non appare corretto, a umile avviso di chi scrive, invocare la denominazione utilizzata. (2)

L’indicazione ‘-60% grassi’ risulta a sua volta non conforme alle regole vigenti, per due ordini di ragioni:

– claim nutrizionali comparativi (3) possono venire legittimamente utilizzati solo confrontando prodotti che appartengono alla stessa categoria merceologica, tenuto conto della comunanza non solo dell’occasione di consumo ma anche della materia prima e del processo di lavorazione, (4)

– il paragone deve venire riferito agli alimenti più venduti sul mercato di riferimento, nell’ambito della medesima categoria. 

Nel caso di specie il tenore dei grassi andrebbe perciò comparato con quello delle ‘preparazioni a base di carne di pollo’ (la denominazione descrittiva da applicarsi) anziché ‘alla media delle mortadelle di suino’ dell’azienda stessa.

mortadella-dettaglioL’etichetta in esame risulta altresì problematica sotto due ulteriori aspetti:

– violazione della regola del c.d. QUID (Quantity of Ingredients Declaration). Poiché la denominazione di vendita – se pure inesatta – riferisce alla presenza di pollo, deve venirne precisata la quantità rispetto al totale, nella formula dell’alimento, (5)

– le ‘fibre vegetali’ citate in elenco ingredienti devono venire indicate con citazione specifica degli ortaggi di provenienza. Le fibre non figurano infatti tra le materie prime che possono venire designate col solo nome della categoria. (6)

La nostra squadra è a disposizione di tutti operatori che intendano garantire la trasparenza dell’informazione e la conformità delle proprie etichette rispetto alle regole applicabili sia in UE, sia nei Paesi extra-europei di destino delle loro merci.

Dario Dongo

Note

(1) Come invece altri salumi tipici, disciplinati mediante decreto interministeriale 22.7.05

(2) L’argomento è già stato trattato, in un caso simile, su http://www.ilfattoalimentare.it/mortadella-fiorucci-suprema-pollo.html

(3) Cfr. reg. CE 1924/06, articolo 9. Si vedano anche, al riguardo, le Linee Guida di Federalimentare su ‘nutrition & health claims’, alla cui redazione lo scrivente ha partecipato

(4) Se così non fosse, il consumatore potrebbe venire facilmente indotto in confusione comparando ad esempio i formaggi freschi con quelli stagionati. Ed è evidente l’ingannevolezza di un confronto tra le proprietà nutrizionali di una mozzarella e quelle di un Parmigiano Reggiano DOP

(5) Reg. UE 1169/11, articolo 22

(6) V. reg. citato, Allegato VII, Parte B



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